Già maremmana nel paesaggio, la Banditaccia si lascia scoprire con pudore arcano. Si svela a piccoli passi tra le alte pareti di tufo punteggiate da pini e cipressi in solitarie àrsi e tèsi architettoniche. Come per svelarsi solo a chi fosse in grado di carpirne il segreto, di coglierne l’aspetto più intimo e catturare, con esso, quel mistero degli Etruschi che a distanza di secoli rivela intatto il suo fascino.

 

“… C’è una dolcissima immobilità in queste enormi zolle erbose, fasciate di antiche pietre, e nel gran viale centrale aleggia una specie di felicità familiare. (…) Tutta l’aria è impregnata di pace, di calma, e si riceve l’impressione di qualcosa salutare per l’anima, anche quando scendendo i pochi scalini, penetriamo nelle camere scavate nella roccia all’interno del tumulo: non resta più niente. E’ come una casa vuota: gli abitanti sono partiti e si attende il prossimo ospite. Ma chiunque sia colui che se n’è andato, si è lasciato dietro un’atmosfera piacevole, che riscalda al cuore, che fa bene dentro”.
(D. H. Lawrence).

Alla fine dell’VIII secolo nella maggior parte del territorio etrusco il rito funerario subisce un’evoluzione: si passa dall’incinerazione all’inumazione, con un’ evoluzione dagli evidenti riflessi culturali e sociali. E Caere, così era chiamata Cerveteri, si copre di tumuli. E riveste le vie sacre e le vie cave dei simboli architettonici del potere. Sigilla tombe ricche di suppellettili in spesse coltri di terra coniche e ne fa segnacoli di “rappresentanza” della casta dominante. A vederli dall’alto, questi giganteschi tumuli (taluni raggiungono fino a un diametro di 50 metri) paiono enormi tane di talpe risvegliate da un lungo letargo a disegnare uno degli scenari monumentali più significativo dell’intero mondo mediterraneo.

“… Sono straordinariamente grandi e belle, queste dimore dei morti. Scavate nella roccia viva, assomigliano a case. Il soffitto è attraversato da una trave. E’ una casa, un asilo. (…) Tutt’intorno alla stanza si stende il gran letto di pietra, su cui venivano adagiati i morti, nelle loro bare o allo scoperto, su lettighe scolpite di pietra o di legno. Uomini risplendenti nelle armature d’oro, donne vestite di abiti bianchi e porpora con grandi collane al collo e anelli alle dita”
(D. H. Lawrence).

In un arco di tempo che va dal IX sec. a.C. fino all’età ellenistico- romana, in questa suggestiva necropoli si distribuiscono manufatti che, dalle più semplici tombe a pozzo, raggiungono esiti di inaspettata quanto raffinata bellezza (come ad es. nelle tombe dell’alcova, dei rilievi, del Colonnello, di Mengarelli, degli Animali dipinti, degli Scudi e delle Sedie e della Nave dipinta). Un’eleganza sobria e al tempo stesso naturale:

“(…) tutta spontanea che rassicura lo spirito. I Greci cercavano di produrre un’emozione artistica, il Gotico di impressionare lo spirito. Non gli etruschi. Le cose che hanno fatto nei loro secoli d’oro sembrano naturali come il respiro”
(D. H. Lawrence).