save_the_world“Please save the World”. Con queste parole si chiude il video di apertura della Conferenza di Copenhagen sui cambiamenti climatici, che ha preso il via questa mattina. Vedi il video-shcok inserito nell'articolo.

 

A dare inizio al summit sono stati i padroni di casa, il primo ministro danese Lars Loekke Rasmussen, il sindaco di Copenaghen Ritt Bjerregard e il presidente del Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc), Rajendra Pachauri. “Il mondo intero ci guarda, e noi dobbiamo dargli una speranza – ha detto Rasmussen – nelle prossime due settimane Copenhagen diverrà Hopenhagen“, giocando sul termine “hope”, che in inglese vuol dire speranza.

LE INCOGNITE – L’incognita più grande è la posizione al summit dell’India, quinto in graduatoria tra gli stati più inquinanti del mondo (dopo Cina, Stati Uniti, Unione Europea, Russia e davanti al Giappone), secondo i dati diffusi dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile. Negli ultimi giorni l’India aveva finalmente preso un impegno tangibile: il primo ministro indiano si era detto disponibile a sottoscrivere un accordo vincolante su una riduzione di gas serra del 20-25% entro il 2020, calcolata sui livelli del 2005. Dichiarazioni che hanno suscitato enormi polemiche interne da parte dell’opposizione, che ha accusato il governo di aver ceduto alle pressioni occidentali, mettendo a rischio la crescita del paese. Oggi il ministro per l’ambiente Ramesh ha fatto parziale retromarcia, annunciando di aver concordato una bozza di trattato con Cina e Brasile che sarà resa nota solo a trattative in corso.

L’altra grande incognita riguarda il piano finanziario per aiutare i paesi in via di sviluppo a riconvertire le loro economie. Da questo punto di vista, l’interlocutore principale da convincere saranno gli Stati Uniti,poco propensi a sganciare quei 50 miliardi di dollari all’anno che le organizzazioni Oxfam International e Ucodep (Unità e Cooperazione per lo Sviluppo dei Popoli) hanno stimato poter essere sufficienti. Tramite il Parlamento di Strasburgo l’Europa, invece, ha già detto di essere disposta a fare la propria parte.

La prima giornata di COP15, poi, si chiude con una buona notizia: il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha deciso di posticipare la sua presenza al summit, in programma inizialmente il 9 dicembre, agli ultimi giorni, quando saranno prese le decisioni finali. Un passo avanti tutt’altro che irrilevante.

Clima, da Rio a Copenhagen un percorso difficile

Tutte le tappe principali del negoziato per un'intesa sulla difesa dell'ambiente Il negoziato per un’intesa sulla lotta ai cambiamenti climatici ha conosciuto momenti entusiasmanti come la sigla del protocollo di Kyoto e bruschi stop, come il fallimento a Bali.ì Queste le tappe principali:

- 1992, Rio de Janeiro: Conferenza sull’Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite (UNCED)

Il ’Summit della Terrà, cui presero parte le delegazioni di 154 nazioni, si concluse con la stesura dellaConvenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, meglio conosciuta come United Nations Framework Convetion on Climate Change (UNFCCC). Obiettivo del trattato era quello di ridurre le emissioni di gas serra nell’atmosfera, sulla base della teoria del riscaldamento globale.

Dal 1994 le delegazioni decisero di incontrarsi annualmente nella Conferenza delle Parti (COP).

1995 - Berlino: COP-1

Dal primo incontro della Conferenza delle Parti emerse il Mandato di Berlino che fissava una fase di ricerca, della durata di due anni, per negoziare Stato per Stato una serie di azioni adeguate.

1996 - Ginevra: COP-2

Dalla seconda conferenza delle parti conseguì una dichiarazione che stabiliva l’urgenza di ’obblighi a medio termine legalmente vincolantì.

1997 - Kyoto: COP-3

Il Protocollo di Kyoto fu adottato al termine di negoziati convulsi che videro tra i protagonisti l’ex vicepresidente Usa e Premio Nobel per la Pace Al Gore. Gran parte dei Paesi industrializzati e diversi Stati con economie di transizione accettarono riduzioni legalmente vincolanti delle emissioni di gas serra, comprese mediamente tra il 6 e l’8 per cento rispetto ai livelli del 1990, da realizzare tra il 2008 e il 2012.

2000 - L’Aja: COP-6

La conferenza avrebbe dovuto affrontare i nodi politici ancora irrisolti, ma fu subito segnata dai contrasti che opposero la delegazione dell’Unione Europea a quella degli Stati Uniti.

2001 - Bonn: COP-6 Bis

La conferenza, riunitasi quattro mesi dopo l’uscita degli Stati Uniti dal Protocollo di Kyoto, si chiuse con un accordo sui temi politici più controversi.

2002 - Marrakesh: COP-7

Il summit di Marrakesh si concentrò soprattutto sulla creazione delle condizioni necessarie per la ratifica del Protocollo da parte delle singole nazioni.

2003 - Milano - COP-9

La conferenza fissò una serie di misure legate soprattutto ai piani di riduzione delle emissioni tramite attività di riforestazione.

2005 - Montreal: COP-11

Il summit si chiuse con un accordo che puntava a ridefinire gli obiettivi vincolanti in vista della scadenza, nel 2012, del Protocollo di Kyoto.

2006 - Nairobi: COP-12

La conferenza non riuscì a stabilire ulteriori obiettivi di riduzione delle emissioni alla scadenza del Protocollo di Kyoto.

2007 - Bali: COP-13

Al termine di interminabili negoziati, le delegazioni, comprese quelle statunitense, cinese ed indiana, stabilirono una ’Road map’ sul dopo-Kyoto.